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Jimi Paradise intervista Carlo Gabardini

Le interviste esclusive del JHP

Carlo Gabardini


Divenuto icona per il pubblico gay italiano dopo il video della "Marmellata e Nutella", Carlo Gabardini ha appreso di essere in corsa come Personaggio Gay dell'anno agli IGBA 2014. Noi l'abbiamo intervistato!


Carlo era già molto noto al grande pubblico per molti ruoli televisivi, tra i quali ricordo il personaggio Olmo di Camera Café. Ma dopo questo video tutto è cambiato:




Carlo diventa un'icona gay, un mito per chi non ha mai saputo affrontare con parole chiare la propria condizione nei confronti della famiglia, degli amici... Con una dolce metafora e una gran quantità di sorrisi strappati dalla sua ironia, tutto sembra diventare più semplice, più accettabile... Tutti ne parlano e l'attenzione al tema è massima dopo i fatti di Sochi...


Tutto nasce, però, da una lettera, toccante ma determinata, pubblicata su Repubblica, questa:


Repubblica



CARO ragazzo gay, o bisex, o indeciso o boh, la vita è durissima, spesso è uno schifo, ma la propria identità sessuale non può mai essere un motivo per deprimersi, farsi del male, uccidersi. Scusami se ti scrivo, ma io ho bisogno di dirti una cosa: essere gay è bellissimo. Non è una colpa, non è un atteggiamento che uno sceglie, è normale tanto quanto non esserlo. 
Ma la cosa che nessuno dice mai è che essere gay è anche bellissimo. Poi a me sta bene che chi pensa che l’omofobia sia il problema, lotti per combattere l’omofobia, foss’anche solo per un motivo simbolico e per accendere i riflettori sulla questione. Ma se tu finalmente ti convinci di essere nella tua squadra del cuore, la più splendente perché meglio definisce i tuoi gusti sessuali, beh, allora che ti frega che — quasi sempre per invidia — quelli di altre squadre ti prendano in giro? Se sono dell’Inter e un milanista mi urla «nerazzurro di merda» io me ne faccio un vanto e magari gli rispondo pure «dimmi, pallosissimo etero!». Poi, ovvio, se vuole menarmi e magari sono pure più di uno, scappo, e se mi fanno del male o anche solo minacciano di farmelo, sporgo denuncia. E non sto dicendo che bisogna subire passivamente, però la questione è che non mi lascio deprimere o far venire dei dubbi, non mi lascio convincere che quello sbagliato sono io, che quindi debba punirmi e possibilmente strapparmi di dosso questa brutta cosa o ammazzarmi. Ma neanche per sogno. E sai perché? Perché essere gay è bellissimo, c’è da metterselo in testa. E poi, rimanendo in metafora, se capisci che fai parte di una squadra, capisci anche — ed è importantissimo — che non sei da solo.
C’è stato un tempo antico e pure lunghissimo in cui l’omosessualità non era assolutamente un problema, credo che nemmeno se ne parlasse; poi ci son stati secoli bui e buissimi di oscurantismo, arresti, lotte, morti, e battaglie vinte, e passi indietro, e leggi terribili e pena di morte, e tutto ciò in realtà dura tuttora in troppi luoghi. Però nel 2013 c’è una certezza che nell’intimo nessuno può misconoscere: essere gay o eterosessuali è assolutamente la stessa cosa. È come dire biondo, castano, alto, magro, sportivo, tutte quelle cose che ovviamente fanno parte di noi, ma nessuna di esse presa singolarmente ci definisce del tutto. Ovviamente troverai chi ti dice che le bionde sono stupide e i mancini subdoli, come sicuramente troverai anche degli etero che ti dicono che i gay fanno schifo, e incontrerai dei gay che ti ammoniscono che andare con le donne sia orribile e pericolosissimo, ma sono frange estreme ignoranti, sono slogan da tifoserie, niente che debba preoccuparci davvero.
Quando sento qualcuno farneticare dicendo che l’omosessualità è una malattia, la mia prima reazione non è mai violenta o depressiva, piuttosto è la stessa identica che avrei se sentissi qualcuno dire «l’obesità è infettiva» o «masturbarsi rende ciechi»: mi vien da ridere, mi fa pena chi dice queste cose, giuro, mi chiedo dove abbia studiato, mi interrogo se posso aiutarlo in qualche modo e di solito gli sorrido come a un povero scemo, poi se mi va cerco pure di spiegargli che sta dicendo delle stronzate piuttosto umilianti, ma intendo umilianti per lui.
Se invece dopo le parole stupide di uno stupido vado a casa a piangere, e penso che farmi del male possa in qualche modo curarmi da questa terribile malattia che è «amare chi amo ed essere quello che sono», sto facendo il gioco dello scemo, e così lui non capirà mai che quello che ha bisogno di essere curato è lui, e penserà addirittura d’aver vinto.
Io non ripongo nessunissima speranza negli omofobi, perché sarebbe come chiedere un consiglio a un sacchetto di carta o un bacio a un kiwi. Io vorrei che queste morti più che gli omofobi scuotessero tutti noi non-omofobi a dire tranquillamente che essere gay è bellissimo, stupendo, perfetto. Perché il problema sono i nonomofobi che comunque, spesso inconsciamente, continuano a pensare e far proliferare l’idea che essere gay sia un problema, una colpa, una tragedia, una questione spinosa di cui occuparsi. Non è così. Non per forza. Essere gay è almeno tanto bello quanto non esserlo e essere dell’altro. Anche perché io penso che nella scala fra totalmente eterosessuale e totalmente omosessuale ci siano infiniti gradi. Anzi, penso che ci siano tanti gradi quanti gli abitanti di questo pianeta meno uno, se stessi: perché ci si innamora di un essere umano, non di una sessualità. Io mi innamoro di Alessia, di Salvatore, di Caterina, di Dario, di Elena, di Cezanne, di Monet, di Gadda, di Philip Roth, di Tondelli, della Munro, non delle donne o degli uomini, non dei pittori o delle pittrici, e neppure degli scrittori o delle scrittrici. Ma ve lo immaginate nascere in un posto dove ti dicono: tu puoi amare solo le musiciste donna oppure i tabaccai maschi?
Non è così. Ci si innamora di chi ci s’innamora. Punto.
Io della mia omosessualità non parlo mai perché penso che non sia una notizia. Ma se la non-notizia di esser gay, nel momento in cui viene dichiarata da tutti i gay, può salvare anche solo un ragazzo dal proprio proposito di suicidio, beh, allora lo dico: io sono gay. E come dice una mia ex fidanzata, è anche per questo che sono adorabile. [link]

E, quindi, la meritatissima candidatura agli IGBA 2014 come Personaggio Gay dell'anno. Noi l'abbiamo intervistato per questo...


Carlo Gabardini Facebook

D. Ciao Carlo, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande! E' da quando ho visto il "video della Nutella" che voglio intervistarti, ma prima di tutto vorrei chiederti della candidatura a Personaggio Gay dell'anno ai Gloggers Awards: come l'hai saputo e cos'hai pensato?
R. Mi è arrivato un tweet e un messaggio su facebook che me lo segnalava, pensavo fosse uno scherzo; poi sono andato a vedere sul sito e ne son stato sorpreso, contentissimo e anche parecchio lusingato. Poi ho anche pensato che non mi spiacerebbe affatto vincere. So che si vota qui: [link], per dire.

D. Ritorniamo, invece, al video che ha saputo raccontare in maniera così "dolce" i gusti sessuali. Ormai ti avranno chiesto di tutto e sarai anche stufo di ripetere come è nato il tutto, perchè l'hai fatto... Io, invece, vorrei chiederti se è cambiato qualcosa da quel giorno? Il Carlo di prima del video è diverso dal Carlo di oggi?
R. Sì. Io penso di sì. Poi è ovvio, ogni cosa ci cambia, cresciamo, è un percorso per tutti. Però il video son stato contento di farlo, penso e so che per alcune persone sia stato importante; e poi sono anche contento che la mia lettera a Repubblica non sia rimasta una cosa isolata, anche per me, dico, è bene che si sia trasformata anche in un altro modo di comunicare la gioia e l’assoluta normalità di essere gay.

Carlo Gabardini

D. Diciamo che sei diventato un'icona gay! Come è cambiato il rapporto con chi ti si approccia? E' migliorato, peggiorato, ti ha avantaggiato o ostacolato in qualcosa? Hai ricevuto più complimenti o offese, ammesso che ne abbia ricevute?
R. Un’icona gay, purtroppo, non lo sono ancora. A me fare coming out credo che abbia fatto molto bene. Ho certamente ricevuto più complimenti, però c’è anche chi si è sentito offeso, o spaventato, o preoccupato fino al punto di arrivare all’insulto perché incapace di trovare altre vie di reazione.

D. Parliamo del Carlo privato: come si fa a diventare Carlo Gabardini? Cosa c'è dietro quello che la gente vede in TV o sente alla radio? Cos'hai studiato, che lavori hai fatto? Quante ore lavori al giorno e che progetti hai? Che vita hai avuto, sei stato abbastanza felice, ti è mancato o ti manca ancora qualcosa?
R. E come faccio a rispondere a tutto ciò? Sarebbe la mia biografia. Mica posso approfittare di questo spazio in omaggio per spiattellarvi tutta la mia vita.
Ho studiato per fare l’attore, fin da piccolo e fino alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Quando lavoro, lavoro tantissimo; poi appena non lavoro mi piace non fare assolutamente nulla finché dura o finché mi agito molto perché continua a durare. Ho avuto una vita felice, ma mi manca tutto.

D. Vivi a Milano: ti piace la tua città? Che pregi e che difetti ha secondo te? Cambieresti qualcosa oppure cambieresti direttamente città?
R. Da giovane non mi piaceva, ed è uno dei motivi per cui tanti anni fa, con i miei amici e soci, fondammo l’associazione esterni.org. Però ammetto che quando sono altrove, Milano mi manca, tantissimo. Milano per me è una bella scatola, dentro la quale però non c’è niente: devi portare tutto tu, però ti è permesso di portare ciò che vuoi, che non è un vantaggio da poco.

D. Torniamo agli "importantissimi" premi. Se dovessi essere votato Personaggio Gay dell'anno (e so ho capito ci tieni) dobbiamo prepararci a qualche gesto folle? Insomma, capiamo anche che potresti montarti un pò la testa... :P
R. No, non credo proprio. Oddio, poi chi lo sa; chi lo può giurare con certezza? Però la testa montata è una delle cose che peggio sopporto al mondo, quindi se dovesse succedere venite a prendermi per le orecchie.

Su Twitter e Instagram: @carlogabardini
e Facebook: www.facebook.com/carlogabardini

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