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Inaugurata la Guangzhou Opera House di Zaha Hadid
Ha aperto ufficialmente i battenti venerdi scorso la Guangzhou Opera House dell’architetto anglo-irachena Zaha Hadid. L’inaugurazione era in programma per il 2010, in occasione dei Giochi Asiatici tenutisi dal 12 al 27 novembre, ma i danni derivanti dall’incendio divampato nel cantiere nel maggio 2009 hanno posticipato l’apertura al pubblico al 25 fabbraio.
Il complesso si articola su due volumi differenti per un totale di 70mila metri quadrati. Il primo corpo ospita il Gran Teatro, dotato di 1800 posti a sedere, il secondo edificio, di dimensioni inferiori, è invece sede di un auditorium polifunzionale da 400 posti. La struttura è stata ribattezzata “il progetto dei due sassi” poiché idue corpi sono caratterizzati da una forma irregolare e arrotondata, ispirata alla forma dei ciottoli di fiume. Il complesso è dotato di caffetteria, bar e varie aree ricreative.


Come un sasso di fiume levigato dallo scorrere dell’acqua, la Guangzhou Opera House si trova in perfetta armonia con il paesaggio fluviale circostante. La sua forma esalta la relazione tra città e riverfront. Inoltre la struttura crea comunicazione tra gli edifici culturali adiacenti e le torri della finanza internazionale nel nuovo distretto di Zhujiang”, spiegano da Zaha Hadid Architects.
Il progetto è stato sviluppato partendo dallo studio del paesaggio naturale circostante, dall’affascinante interazione tra architettura e natura, dai principi di erosione, geologia e topografia. Linee avvolgenti definiscono spazi e zone all'interno del Teatro dell'Opera, creando accattivanti percorsi interni ed esterni all’edificio, che ricordano i canyon creati dalla potenza fluviale nelle valli locali. Inoltre questi itinerari permettono alla luce naturale di giungere fino alle funzioni più remote dell’edificio. La complessità del paesaggio circostante è ‘omaggiata’ anche attraverso l’insieme di transizioni uniformi tra elementi architettonici eterogenei, alcuni dei quali in gesso modellato e rinforzato con fibra di vetro”.



Prato: la Chiesa della Visitazione firmata da MDU Architetti
Il nuovo complesso parrocchiale della Visitazione che sorgerà a Galciana (PO) entro il 2014 è stato progettato da MDU Architetti con l’arch. Matteo Morittu.
Il progetto per la nuova chiesa di Galciana si rifà all’incontro tra Maria e la cugina Elisabetta entrambe in attesa dei loro figli, Gesù e Giovanni Battista e si propone di trasporre questo tema nell’architettura. La chiesa, articolata nella fusione dell'aula feriale con quella liturgica principale in un unico grande volume, intende visualizzare l'incontro. Lo sviluppo orizzontale delle opere parrocchiali predisposte in un abbraccio ideale aperto verso il mondo sottolinea la disponibilità, la volontà del nuovo complesso parrocchiale di diventare il fulcro, il centro della vita dell'intera comunità di Galciana. La monumentalità della chiesa vuole infine indicare in modo inequivocabile e solenne la casa di Maria come punto di riferimento per tutti, dove tutti possono volgere il loro sguardo e trovare accoglienza in ogni momento.
I materiali utilizzati per il nuovo complesso parrocchiale sono essenzialmente due: il travertino toscano per i rivestimenti e i pavimenti esterni e il rame per la copertura dei locali parrocchiali e la chiesa. L'interno della chiesa è caratterizzato da una conformazione attenta dei volumi e dallo studio scrupoloso dell'ingresso della luce filtrato dalla vetrata absidale e dalle feritoie laterali, mentre il taglio che attraversa longitudinalmente tutta l'aula, dal fonte battesimale all'altare maggiore, consente di enfatizzare simbolicamente il percorso di “luce” che accompagna l'uomo dalla sua nascita fino alla sua consacrazione a Dio verso l'area presbiteriale.
Il resto del lotto, è stato trattato come se fosse un vero e spazio pubblico, dove si alternano aree per il gioco, per la sosta e il divertimento. Il portico davanti ai locali parrocchiali consente di dotare l'intero complesso di uno spazio coperto, all'aperto, dove poter indugiare, fermarsi e socializzare.


Museum of Kanayama Castle Ruin, Kanayama Community Center
La forza e il fascino della pietra naturale per raccontare ed esaltare la ricchezza culturale e le suggestioni di un sito storico: è questa la formula con cui l’architetto Kengo Kuma ha progettato il nuovo Museo e Centro Comunitario Kanayama nella città di giapponese di Ota.
L’opera di Kuma sorge ai piedi dell’antica fortezza quattrocentesca di Kanayama, a circa cento chilometri da Tokyo. Quel che resta della costruzione militare - in particolare la presenza di mura difensive in pietra d’età differente e le soluzioni idrauliche acque - offre una preziosa testimonianza del modus costruendi nel Giappone del Medioevo.
Il nuovo contenitore culturale svolge una doppia funzione: integra le funzioni per l‘accoglienza e l’orientamento dei visitatori all’interno del sito storico, ne presenta i reperti attraverso gli spazi espositivi, e mette a disposizione dell’utenza locale una serie di laboratori dove poter apprendere le tecniche artistiche e artigianali della tradizione ma anche quelle del restauro.
Un salto di quota pari a circa 6 metri separa il Museo dall’antica roccaforte. Al centro del volume - sviluppato su tre piani, di cui uno semipogeo – si apre una corte interna pavimentata in lastre monocrome di calcestruzzo, alternate a sezioni in ghiaia.
Vetro e pietra naturale sono i materiali che caratterizzano le pareti dell’edificio. In particolare i pannelli vetrati a tutt’altezza del profilo interno del complesso permettono di osservare la corte, lasciando che la luce naturali penetri all’interno del volume.
All’esterno l’involucro in cemento del museo è completamente rivestito da elementi litici rettangolari e quadrati, di grandezza differente, che si congiungono negli angoli. Risultato finale: un’armonica e complessa alternanza di pieni e vuoti. Questi ultimi svelano alternativamente la lamiera di sostegno o l’ossatura in acciaio della struttura su cui sono inseriti i pannelli in pietra, proposti anche oltre le pareti, come avviene nell’ingresso meridionale, dove viene massimizzato il dinamismo della facciata.
Gli stessi pattern vengono riproposti anche all’interno del volume, nei parapetti delle scale, lungo le pareti e i controsoffitti a pannelli in cemento e fibra di legno. Filtrata e “ritmata” dalla sovrapposizione degli elementi litici, la luce naturale viene irradiata negli interni amplificandone visivamente la grandezza ed esaltando la suggestività di spazi espositivi e collezioni.


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